“Non ci è mai successo niente.” È una delle frasi più ricorrenti quando si parla di sicurezza IT in azienda. Eppure, la realtà è spesso molto diversa. Nel panorama digitale odierno, molte minacce informatiche operano in modo silenzioso, eludendo le difese tradizionali. I cyber criminali sanno nascondersi, e le aziende – anche quelle che pensano di essere al sicuro – sono spesso già sotto osservazione. Malware, spyware, accessi non autorizzati e attacchi laterali possono, infatti, insinuarsi senza generare allarmi evidenti. Queste minacce invisibili compromettono la sicurezza aziendale lasciando alle aziende un’illusione di controllo che rischia di trasformarsi in un grave danno operativo o reputazionale.

Perché non basta più aspettare l’allarme. Il Rogue RDP
La maggior parte degli attacchi più sofisticati oggi punta alla persistenza e alla discrezione. Tecniche come il “Rogue RDP” o l’accesso tramite credenziali compromesse non sempre generano alert immediati. Un’infrastruttura apparentemente “tranquilla” può nascondere attività dannose che, una volta esplose, mettono in crisi l’intera organizzazione.
Il termine Rogue RDP si riferisce a un utilizzo anomalo o non autorizzato del protocollo di desktop remoto, noto come Remote Desktop Protocol (RDP), una tecnologia comunemente utilizzata per accedere da remoto a computer e server. Sebbene l’RDP sia uno strumento utile e legittimo per l’amministrazione dei sistemi IT, può trasformarsi in una minaccia quando viene configurato in modo improprio o sfruttato per scopi malevoli.
Un Rogue RDP si verifica, ad esempio, quando un sistema espone un accesso remoto non controllato, magari lasciato attivo per errore o installato deliberatamente da un attaccante che ha compromesso la rete. In questi casi, l’accesso remoto diventa una porta d’ingresso invisibile, difficilmente rilevabile e potenzialmente molto pericolosa: può consentire a un cybercriminale di prendere il controllo di un dispositivo, esfiltrare dati sensibili o installare malware e ransomware senza destare sospetti.
Il rischio è particolarmente elevato nelle organizzazioni che non dispongono di adeguati strumenti di monitoraggio e controllo degli accessi remoti, dove un Rogue RDP può passare inosservato per settimane o mesi. Per questo motivo, la protezione contro questo tipo di minaccia passa necessariamente da una gestione rigorosa delle configurazioni di rete, dalla segmentazione dell’accesso e da un’attenta politica di autenticazione e monitoraggio.

L’approccio proattivo: Zero Trust e threat intelligence
Per contrastare queste minacce silenziose, è fondamentale adottare un approccio proattivo. Le aziende non possono più permettersi di “fidarsi” del traffico interno: ogni accesso deve essere verificato, ogni anomalia deve essere tracciata e contestualizzata.
Oltre ai Sistemi di monitoraggio continuo (SOC) che analizzano i flussi di rete h24, ai firewall di nuova generazione e ai sistemi di rilevamento comportamentale che reagiscono solo quando serve, l’adozione di una strategia Zero Trust riduce drasticamente la superficie d’attacco, eliminando la fiducia implicita tra dispositivi e utenti, mentre l’utilizzo della threat intelligence permette di arricchire l’analisi degli eventi di sicurezza con informazioni aggiornate sulle minacce emergenti, migliorando la capacità di prevenzione e risposta. Analizziamo nel dettaglio queste due strategie per la protezione proattiva.
Zero Trust è un modello di sicurezza informatica che si fonda sul principio del “non fidarti mai, verifica sempre”. A differenza dell’approccio tradizionale, che tende a considerare attendibili gli utenti e i dispositivi una volta superato il perimetro della rete aziendale, Zero Trust parte dal presupposto che nessun accesso debba essere dato per scontato, nemmeno all’interno dell’organizzazione. Ogni richiesta deve essere verificata in tempo reale, tenendo conto dell’identità dell’utente, del dispositivo utilizzato, della posizione da cui si connette e del contesto in cui avviene la richiesta.
Questo approccio prevede un controllo rigoroso degli accessi, l’autenticazione continua e una gestione dei privilegi che concede a ciascun utente solo le autorizzazioni strettamente necessarie per svolgere le proprie attività. Inoltre, la rete viene suddivisa in segmenti più piccoli, così da limitare eventuali danni in caso di violazione. L’obiettivo è ridurre al minimo la superficie di attacco e garantire un livello di sicurezza elevato anche in scenari complessi e distribuiti, come quelli tipici del lavoro da remoto o del cloud computing.
La threat intelligence, o intelligence sulle minacce, è l’attività di raccolta, analisi e utilizzo di informazioni relative a minacce attuali o potenziali alla sicurezza informatica di un’organizzazione. In pratica, si tratta di un sistema di “allerta preventiva” che consente di conoscere in anticipo chi potrebbe attaccare, con quali strumenti e quali obiettivi, offrendo così la possibilità di prepararsi per tempo.
Lo scopo principale di questa disciplina è aiutare le aziende a prevenire gli attacchi informatici, a riconoscerli mentre sono in corso e a rispondere in modo efficace quando si verificano. Le informazioni raccolte attraverso la threat Intelligence permettono di individuare comportamenti sospetti, come il traffico proveniente da indirizzi IP noti per attività malevole, o l’utilizzo di file dannosi associati a particolari tipi di malware. Ma non solo: aiutano anche a capire meglio chi sono gli attaccanti, quali tecniche utilizzano, quali vulnerabilità cercano di sfruttare e quali obiettivi potrebbero colpire in futuro.
A seconda dell’uso e del pubblico a cui sono destinate, le informazioni di threat intelligence possono avere un taglio diverso. Possono essere strategiche, e quindi utili ai decisori aziendali per comprendere i rischi globali e orientare le scelte di investimento in cybersecurity; tattiche, cioè dettagliate e tecniche, per supportare il lavoro dei team di sicurezza; operative, quando forniscono indicazioni su minacce concrete e imminenti; oppure tecniche, con dati specifici come gli hash (una sorta di “impronta digitale”) di file pericolosi, indirizzi IP o domini web utilizzati per condurre attacchi.
Perché aspettare che qualcosa succeda? Affrontare oggi le minacce informatiche invisibili significa proteggere la continuità operativa di domani.
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